Ricordi sbiaditi

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by Chiedi alla Polvere

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Gennaio 7, 2023

BRUCE SPRINGSTEEN: “Glory days” (1984)

I hope when I get old/ I don’t sit around thinking about it,/but I probably will/just sitting back trying to recapture/a little of the glory of,/ well time slips away/and leaves you with nothing mister,/but boring stories of glory days – Spero che quando sarò vecchio/non mi metterò seduto a ripensarci,/ma probabilmente lo farò,/seduto a cercare di riconquistare/un po’ della gloria passata,/ma il tempo fugge via/e ti lascia senza nulla amico,/se non noiose storie di giorni di gloria.

Le auto sfrecciano indifferenti sulla provinciale in un tratto che permette di recuperare un’andatura più spedita di quella consentita nel piccolo centro abitato lasciato alle spalle. Sono in aperta campagna, questa almeno è la vista che si presenta su entrambi i lati della piccola dorsale che collega due frazioni distanti pochi chilometri. In realtà è una campagna scarsamente coltivata, più spesso abbandonata, che ospita qualche sparuto villino e un’incredibile proliferazione di piccole imprese di autodemolizioni. Non fosse per il verde che fortunatamente è ancora una costante di questi luoghi, si potrebbe pensare di essere in qualche anonimo luogo del nord est operoso, com’eravamo stati addestrati a individuare la parte definita sana dell’Italia di pochi decenni fa. Quella che mi sono deciso a visitare è una piccola casa oltrepassata innumerevoli volte nel corso degli anni, che solo da poco tempo, con lo spopolarsi della zona abitata, spicca nel suo solitario abbandono. Uno sbiadito cartello sbilenco informa che un’agenzia immobiliare ne cura la vendita, probabilmente senza esito da chissà quanti anni. Si tratta di un casale agricolo con tanto di terreno annesso e pertinenze ormai perse per sempre. L’immobile, pur nell’evidente stato di abbandono, si presenta a pianta quadrata su due piani e mostra, se non proprio un passato splendore, almeno una sua dignità, discostandosi dalla classica tipologia delle abitazioni rurali, caratterizzata da dimensioni ben più generose e da costruzioni finalizzate agli utilizzi promiscui per persone e bestiame. Questo villino agricolo appare più una dimora pensata per una famiglia che ha saputo mantenere l’organizzazione della propria vita ben separata da quella dell’attività, giustamente confinata nell’ampia area attigua. Gli interni sono di un vuoto desolante con le finestre ormai ridotte a buchi quadrati e le stanze ingombre di pochi oggetti di uso comune, incrostati dalla sporcizia accumulatasi negli anni. Un’unica stanza, al piano superiore, quantunque ingombrata di mobili accatastati alla rinfusa, dimostra inequivocabilmente la sua originaria destinazione con tanto di coperte ancora distese sul letto e il classico armadio con specchiera interna svuotato di ogni contenuto. Non c’è molto altro degno di particolare nota, eppure sono soddisfatto di avere carpito la modesta intimità di questo casale, che certo una quarantina di anni fa deve aver goduto dei suoi giorni di gloria, magari quando il rumore del trattore copriva quello delle rare auto che transitavano allora e per la casa si spandeva l’odore di pasta e fagioli.

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